Supporto al Caregiver secondo il modello ACT - nadia mazzocchi

Cell.: +39 338 219 7521
Mail: info@nadiamazzocchi.it
Pec: nadia.mazzocchi@psypec.it
Indirizzo:
Studio Privato: via Cardarelli, 9 - Viterbo
"Airri Medical": via C. Cattaneo, 46/T - Viterbo
CONTATTI
CONTATTI
+ 39 338 219 7521
info@nadiamazzocchi.it- nadia.mazzocchi@psypec.it
Studio Privato: via Cardarelli, 9 - Viterbo
"Airri Medical": via C. Cattaneo, 46/T - Viterbo

Cell.: +39 338 219 7521
Mail: info@nadiamazzocchi.it
Pec: nadia.mazzocchi@psypec.it
Studio Privato: via Cardarelli, 9 - Viterbo
"Airri Medical": via C. Cattaneo, 46/T - Viterbo
Vai ai contenuti
Servizi Clinici > Supporto al Caregiver
Supporto al Caregiver secondo il modello ACT

È noto ormai da tempo che nelle malattie neurodegenerative ad essere colpito non sia solo il
paziente ma anche chi si prende cura di lui che spesso arriva a chiedere al sistema sanitario
nazionale interventi di cura per sintomatologie ansioso-depressive a causa dell’eccessivo
stress protratto nel tempo.

I caregivers sono le vittime secondarie della malattia: le malattie neurodegenerative oltre ad
avere un grave impatto sulla persona colpita dalla malattia, sono non solo un evento doloroso
per i familiari, ma possono essere avere un vero e proprio effetto invalidante per la vita dei
caregivers.

Questo, oltre a essere in sé costoso per il caregiver, ha un effetto di ritorno sul paziente: un
caregiver con alto livello di disagio emotivo è meno efficace nell’assistenza/accudimento.
È intuitivo che se si è meno irritati o meno affaticati si è più amorevoli e accudenti con il
prossimo. Inoltre ridurre il carico emotivo del caregiver significa ridurre il rischio di burn-
out.

I caregivers sono chiamati ad imparare nuove strategie per entrare, o mantenersi, in relazione
con il paziente affetto da disturbi cognitivi ed emotivo-comportamentali, sarà altrettanto vero e
auspicabile che qualunque processo di cambiamento che si voglia favorire in questi ultimi dovrà
partire prima da un lavoro sull'accettazione della perdita della relazione nelle modalità usuali
conosciute con la persona cara.

L’utilizzo della terapia basata sull’Acceptance and Commitment Therapy potrebbe essere
indicata per ridurre il disagio emotivo dei parenti di pazienti con malattia
neurodegenerativa associato al ruolo di caregiver.

A questo scopo l’utilizzo delle pratiche ACT potrebbero essere impiegate per favorire il
raggiungimento dei seguenti obbiettivi terapeutici nel lavoro di supporto psicologico ai
caregivers:

a) aumento dell’accettazione della malattia e dei cambiamenti negativi implicati, attraverso
procedure tese ad aiutare il caregiver a - vedere la demenza come un dato di fatto e non come
un problema da risolvere - accettare l'impossibilità di controllare tutte le situazioni critiche -
rendere il senso di impotenza più sopportabile - ridurre la gravità soggettiva della perdita/danno.
b) miglioramento qualità della vita quotidiana, attraverso procedure tese ad aiutare il
caregiver a ri-pianificare il suo quotidiano in funzione di scopi e valori personali non invalidati in
modo irrimediabile della malattia del familiare.

Al fine di poter promuovere una presa in carico globale del paziente affetto da disturbi emotivo
comportamentali acquisiti e la sua famiglia è opportuno un approccio centrato sulla persona
in cui l’esperienza di malattia, i valori, le opinioni, la personalità e la rete di rapporti sociali del
paziente vengano presi in considerazione nella definizione del progetto terapeutico.

Per tanto l’attenzione si sposta dalla malattia (modello di cura centrato sul compito) al
paziente/caregiver e ai suoi bisogni (modello di assistenza integrato). Per tanto anche
l’eventuale intervento riabilitativo-psicologico può essere identificato in un percorso terapeutico
strutturato in una singolarità bio-psico-sociale in grado di affrontare e porsi in relazione con la
patologia di quella determinata persona.

La progettazione dell’intervento parte dalla chiarificazione della diagnosi neuropsichiatrica
effettuta da esperti in neurologia e neuropsicologia.

Successivamente l’individuazione dei bisogni e delle risorse del paziente insieme alla
valutazione delle variabili di adattamento alla malattia, diventano i primi elementi su cui si
erigerà il successivo lavoro psicologico.

Di fondamentale importanza per il clinico è anche la valutazione del contesto relazionale e
familiare che come abbiamo detto diventa la principale unità di cura e di supporto per il
paziente. Tale raccolta di informazioni e dati permetterà poi al clinico insieme al paziente
d’individuare degli obiettivi che indicheranno la strada da seguire.

In base a quelli che sono i bisogni e le risorse del paziente, il contesto relazionale e familiare e
gli obiettivi da raggiugere il clinico sceglierà le strategie e le tecniche che reputerà più idonee al
trattamento.

Nel dettaglio il piano di trattamento, inteso come il processo di strutturazione del percorso
terapeutico può essere cosi definito:

1) formulazione caso clinico: in questa fase è prevista l’accoglienza ovvero un primo
colloquio che ha lo scopo di raccogliere informazioni anamnesiche significative atte alla
definizione del problema. Le informazioni raccolte attraverso i colloqui di valutazione
devono poi essere tradotte ed elaborate in un resoconto che costituisce la formulazione
del caso clinico e del piano di trattamento. L’obbiettivo di tale fase è quello di tradurre e
comunicare a tutta l’equipe quanto appreso sul paziente contribuendo a individuare i suoi
bisogni e quelli della sua famiglia necessario alla pianificazione dell’intervento.
2) Fasi di valutazione: concettualizzazione del caso, formulazione di una diagnosi
neuropsichiatrica (patologia, profilo neuropsicologico, disturbi emotivo-comportamentali).
ACT: il sostengo ai cergiver Il primo passo necessario per una corretta pianificazione
dell’intervento è una diagnosi precoce che consente a chi assiste il paziente di essere
preparato per far fronte alla malattia e sapere cosa lo aspetta.
3) strutturazione degli incontri di supporto psicologico al caregiver secondo i principi
dell’ACT. Il razionale dell’approccio terapeutico basato sull’ACT pone l’enfasi
sull’inevitabilità/ normalità del distress emotivo e dei pensieri automatici negativi nella vita
quotidiana di ognuno di noi. Uno dei suoi messaggi fondamentali è: accettare ciò che è
fuori dal controllo personale ed impegnarsi nell’intraprendere azioni che arricchiscono la
propria vita. Lo scopo dell’ ACT è quello di aiutarci a creare una vita ricca, piena e
significativa, mentre accettiamo il dolore che la vita inevitabilmente porta. L’ACT insegna
abilità psicologiche per occuparci dei pensieri e dei sentimenti dolorosi in modo efficace,
in modo tale che abbiano un impatto e un influenza molto minore. Ci aiuta a chiarire ciò
che è veramente importante e significativo per noi cioè a chiarire i nostri valori ed
utilizzare tali conoscenze per guidarci, ispirarci e motivarci a stabilire obiettivi e a
intraprendere azioni che arricchiscono la nostra vita.

Nella prima fase di presa in carico del caregiver è di notevole rilevanza poter fornire inizialmente
uno spazio ed un tempo adeguato a tutta la famiglia per poter condividere le informazioni
raccolte durante il processo diagnostico sul profilo cognitivo ed emotivocomportamentale del
paziente. A tale scopo è necessario effettuare interventi di natura psicoeducativa per dare tutte
le informazioni teoriche e pratiche sulla malattia e sulla gestione del malato, così da evitare che
queste diventino l’oggetto esclusivo di lavoro. La psicoeducazione inoltre può aiutare ad
accettare e convivere meglio con la malattia. Nelle successive fasi di trattamento gli scopi degli
step sono di seguito sintetizzati.

1) Esplicitare lo scopo dell’intervento: aumentare l’accettazione, ovvero aiutare a prendere
atto di questa realtà: la malattia è nella mia vita; vorrei ma non posso cancellare questa
affermazione, né il fatto in sé” la sofferenza associata non può essere cancellata, ma proveremo
a togliere quella che deriva dal fatto di considerare la malattia un problema da risolvere,
piuttosto che un fatto doloroso, è che produce rabbia e colpa, idea di poter “risolvere” le cose e
quindi di averne la responsabilità, (circoli viziosi) per cui fare cose verso il malato che in realtà
fanno stare peggio.

2) Dirigere il focus non sul malato ma sul caregiver e i suoi pensieri ed emozioni negative.
L’aiuto consisterà nell’imparare a riconoscere e prendere le distanza da B e C, visto che A
(malattia) non è in nostro potere cambiarla attraverso la ricostruzione degli Abc per individuare i
B e i C che creano più disagio. Aumentare la consapevolezza su come il caregiver gestisce
pensieri ed emozioni più dolorose associate alla malattia, comprendere cosa fa per stare meno
male in queste situazioni (disperazione creativa). Potrebbe risultare utile fare esempi concreti di
abc che fanno soffrire il caregiver e di modalità di coping, mostrare gli svantaggi di quelle che
vanno nella direzione del negare la situazione o reprimere i propri stati interni. Introdurre l’idea
di accettazione intesa come: imparare a controllare solo quello che davvero è in mio potere e
imparare a rinunciare a controllare ciò che non dipende da noi (esempio decorso malattia o miei
sentimenti davanti a mio marito che non mi riconosce).

3) Individuare i valori e scopi, che possono dare un senso alla propria vita, al fine di aiutare il
caregiver a perseguire quelli che non sono irrimediabilmente compromessi dalla malattia.
Discutere dei valori emersi e di cosa il caregiver può fare per andare nella direzione di quel
valore, nonostante la malattia del parente.
4) Introdurre l’idea che spesso soffriamo per l’importanza che diamo ai nostri pensieri e per
quello che facciamo per cancellarli, ottenendo l’effetto opposto. Riprendere valori e focalizzarsi
sull’Impegno: cosa posso fare per andare nella direzione dei miei valori? Fissare impegni precisi
da far compiere al caregiver.
5) Introdurre l’idea che spesso soffriamo per i tentativi di sopprimere le nostre emozioni e
perché non accettiamo di sperimentarle. Accettarle, anche se dolorose riduce la sofferenza
emotiva mentre tentare di sopprimerle peggiora la sofferenza.
6) Discorso su ciò che è sotto il nostro controllo volontario. Tornare sui valori e su quanto si
stanno perseguendo. Dedicare l’incontro a valutare efficacia dell’Impegno (qualità vita),
difficoltà incontrate e come superarle; aumentare l’impegno anche su altri valori.
7) Imparare a stare nel momento presente praticando la defusione dai pensieri e dalle
emozioni negative accettandoci per come siamo con tutti i nostri limiti e debolezze.
8) Valutazione di ciò che si è appreso e di stato. Riflettere su come mantenere i risultati, le
risorse necessarie.

4) Fase di definizione del Piano di Trattamento: Per poter strutturare l’intervento
psicologico è importante esplicitatare e condividere con i destinatari dell’intervento
psicologico, che possono essere il paziente e il suo o i suoi caregivers, i seguenti punti
1. Definizione degli obiettivi e scelta delle strategie, presa in carico
2. Setting: scenario, luogo, tempo, contratto terapeutico
3. Contesto: terapia individuale, di gruppo, di coppia, familiare ACT: il sostengo ai cergiver 4.
Obiettivi a breve termine
5. Obiettivi a lungo termine
6. Durata e frequenza delle sedute, durata del trattamento

Nella scelta delle tecniche da utilizzare è opportuno che vengano tenute in considerazione
alcune variabili:

-Livello di direttività e strutturazione dell’approccio
-Livello di profondità dell’esplorazione psicologica
-Livello di funzionamento globale e della sintomatologia del cliente l’individuazione dei bisogni e
delle risorse del paziente, la valutazione del contesto relazionale e familiare sono le principali
variabili che guidano la scelta, definizione e la costruzione del piano di trattamento specifico per
ogni paziente ed il suo ambiente relazionale.
via Cardarelli, 9 - Viterbo P.I. 02393740564  Cell. 338 219 7521
Torna ai contenuti